Dumnorige era il fratello minore di Diviziaco, nonchè uno dei druidi della tribù gallica degli Edui e capo della fazione antiromana che si opponeva fermamente all’alleanza in chiave “anti-Sueba”.1Goldsworthy, A., (2006) Caesar: Life of a Colossus, Yale University Press, p. 206 & Gilliver, K., (2003) Caesar’s Gallic Wars (58-50 BC), Routledge. Taylor & Francis Group, New York and London p.15
Dumnorige era inoltre un cavaliere d’elite dello schieramento Eduo e deteneva il monopolio sul commercio del vino che gli consentì di accrescere la sua influenza all’interno della società edua.2Gilliver, K., (2003) Caesar’s Gallic Wars (58-50 BC), Routledge. Taylor & Francis Group, New York and London p.23
Il “triumvirato gallico”

Dumnorige fece parte del “triumvirato gallico”, composto da Castico, nobile appartenente alla tribù gallica dei Sequani, e Orgetorige principe degli Elvezi che aveva come piano quello di prendere il potere, attraverso una cospirazione, nella Gallia occidentale.3Gilliver, K., (2003) Caesar’s Gallic Wars (58-50 BC), Routledge. Taylor & Francis Group, New York and London p.15
Dopo il matrimonio con la figlia di Orgetorige, nel 58 a.C., il piano del triumvirato fallì e la cospirazione fu scoperta e Dumnorige dovette rinunciare alle ambizioni di sovranità a seguito del suicidio di Orgetorige.4Goldsworthy, A., (2006) Caesar: Life of a Colossus, Yale University Press, p. 207 & Gilliver, K., (2003) Caesar’s Gallic Wars (58-50 BC) Taylor & Francis Group, New York and London p.31
Dumnorige, un druido nemico di Cesare e di Roma

Dumnorige era in grado di maneggiare considerevoli poteri magici e Cesare ne fu molto preoccupato durante la sua campagna nelle Gallie, fu proprio la magia, connessa all’universo druido, che spinse Roma a condannare queste pratiche, tra cui anche quella ritenuta più grave, cioè quella relativa ai sacrifici umani, dando inizio alla persecuzione del druidismo tra il 58 e il 51 a.C.5Gilliver, K., (2003) Caesar’s Gallic Wars (58-50 BC) Taylor & Francis Group, New York and London p.75
“I Galli sono molto dediti alle pratiche religiose, perciò quelli che sono ammalati gravemente o si trovano in guerra o in pericolo, fanno sacrifici umani o fanno voto di immolare se stessi e si servono dei druidi come esecutori di questi sacrifici: essi credono, infatti, che gli dèi immortali non possano essere soddisfatti se non si dà loro, in cambio della vita di un uomo, la vita di un altro uomo; fanno, perciò, anche sacrifici ufficiali di questo genere. Certe popolazioni costruiscono statue enormi, fatte di vimini intrecciati, che riempiono di uomini vivi ed incendiano, facendoli morire tra le fiamme. Credono che cosa più gradita agli dèi sia il sacrificio di coloro che sono sorpresi a rubare, rapinare o commettere qualche altro delitto; ma quando mancano costoro, sacrificano anche degli innocenti.”6Cesare, C.,G., (52 a.C.) “De Bello Gallico”, (libro VI, XVI)
Dumnorige fu uno dei principali sabotatori della campagna di Cesare in Gallia e fu per questo catturato e portato in Britannia e fu ucciso per volere dell’Imperatore nel 54 a.C. in quanto tentò la fuga dall’accampamento romano guidando una rivolta con l’aiuto della cavalleria edua.7Cesare, C.,G., (52 a.C.) “De Bello Gallico”, (libro VI, XVI) p. 40
Dumnorige nel De Bello Gallico
(Libro I, III)
“Orgetorige, scelto per predisporre ogni cosa, si assunse il compito di recarsi come ambasciatore presso i popoli vicini. Durante questo viaggio convinse Càstico, figlio di Catamantalede, sèquano, il cui padre era stato per molti anni re dei Sèquani e aveva avuto dal senato romano il titolo di amico, ad assumere la carica tenuta prima dal padre; nello stesso modo spinse Dumnorige, eduo, fratello di Diviziaco, che godeva allora della più grande autorità tra i suoi ed era molto benvoluto dal popolo, a tentare la stessa cosa, e gli diede in moglie sua figlia. Dimostrò loro che sarebbe stato molto facile realizzare quei progetti, perché anch’egli stava per ottenere la signorìa assoluta sul suo popolo: non vi era dubbio che gli Elvezi fossero i più potenti di tutta la Gallia ed egli con il suo esercito e i suoi mezzi avrebbe loro assicurato il potere. Persuasi da questo discorso, si scambiarono giuramento di fedeltà, nella speranza di potersi impadronire di tutta la Gallia una volta a capo dei tre popoli più potenti e più forti.”
(Libro I, IX)
[…] Dumnorige era molto potente fra i Sèquani per il favore di cui godeva e le largizioni di cui era prodigo ed era amico degli Elvezi per aver sposato una donna di quel popolo, la figlia di Orgetorige; spinto, poi, dall’ambizione di dominio, era favorevole alle novità e voleva legare a sé con benefici quanti più popoli poteva. Si assunse perciò l’incarico e ottenne dai Sèquani, per gli Elvezi, l’autorizzazione ad attraversare il loro territorio, previo scambio di ostaggi: dei Sèquani, a garanzia del passaggio, e degli Elvezi, perché non arrecassero danni né offendessero nessuno.
(Libro I, XVIII)
Cesare (ndr.) […] Fece poi indagini segrete anche presso altri e scoprì che la cosa era vera: si trattava proprio di Dumnorige, uomo di grande audacia, molto caro aln popolo per la sua liberalità, desideroso di una condott politica nuova nel suo paese. Già da parecchi anni si era assicurato, con poco prezzo, l’appalto dei dazi e di tutti gli altri tributi degli Edui, perché nessuno osava concorrere alle aste contro di lui. In questo modo aveva accresciuto le sue ricchezze e si era procurato i mezzi per munifiche elargizioni. A sue spese manteneva un gran numero di cavalieri, che costituivano la sua guardia personale. E non soltanto in patria era sentita la sua autorità, ma anche presso i confinanti e, per aumentare questa potenza, aveva fatto sposare la madre a un uomo molto nobile e potente dei Biturigi, egli stesso aveva preso moglie fra gli Elvezi e aveva maritato una sorella, figlia della stessa madre, e altre due parenti, in altri paesi. Favoriva e desiderava l’intervento degli Elvezi per suoi rapporti di parentela; odiava Cesare e i Romani, perché il loro arrivo aveva determinato una diminuzione della sua autorità e il ritorno del fratello Diviziaco al favore e alla dignità di prima. Se ai Romani l’impresa fosse andata male, egli poteva sperare di ottenere, per mezzo degli Elvezi, il regno; ma sotto il dominio romano perdeva la speranza non solo di regnare, ma anche di conservare l’autorità che aveva. Durante le indagini Cesare venne anche a sapere che nello scontro di cavalleria che pochi giorni prima era stato sfavorevole ai nostri, proprio Dumnorige e i suoi cavalieri avevano per primi preso la fuga (Dumnorige era infatti a capo della cavalleria mandata dagli Edui in aiuto a Cesare), gettando così il panico tra tutti gli altri.
(Libro I, XIX)
Ai sospetti, poi, quando fu chiarito tutto questo, si aggiungevano fatti certissimi: che Dumnorige aveva fatto passare gli Elvezi per le terre dei Sèquani; aveva provveduto a uno scambio, tra loro, di ostaggi; aveva agito non solo senza ordine di Cesare o del suo popolo, ma senza informare nessuno ed era ora sotto l’accusa del magistrato degli Edui: Cesare ritenne così di avere ragioni sufficienti per prendere misure contro di lui o farle prendere agli Edui. Ma a tutte queste buone ragioni si opponeva il fatto che egli ben sapeva come Diviziaco avesse avuto sempre molta devozione per i Romani, grande desiderio di aiutarli e notevole lealtà, giustizia, moderazione: temeva quindi di offenderlo condannandone il fratello. Perciò, prima di prendere provvedimenti in proposito, fece chiamare Diviziaco ed ebbe un colloquio con lui servendosi, anziché dei soliti interpreti, di C.Valerio Trocillo, un capo della Provincia, suo familiare, nel quale aveva completa fiducia. Gli ricordò quel che era stato detto di Dumnorige alla sua presenza nel consiglio dei Galli e gli manifestò tutto quel che gli avevano riferito separatamente gli altri, esortandolo e pregandolo di non aversela a male se esaminata la causa, egli stesso lo giudicasse o lo facesse giudicare dal popolo.
(Libro I, XX)
Diviziaco, abbracciando Cesare tra molte lacrime, lo scongiurò di non prendere un provvedimento troppo severo contro il fratello: egli sapeva che tutte le accuse erano vere e nessuno più di lui se ne addolorava, perché, quando egli godeva di grande prestigio in patria e in tutta la Gallia e Dumnorige, per la sua età, non ne aveva affatto, gli aveva dato tutti i mezzi per innalzarsi ed egli di questi mezzi e della potenza raggiunta si era servito non solo per diminuire il suo prestigio, ma quasi per rovinarlo.Tuttavia lo turbava l’amore verso il fratello e, d’altra parte, l’opinione pubblica non poteva lasciarlo indifferente. Se, infatti, a Dumnorige fosse toccata una condanna troppo grave mentre egli era così intimo amico di Cesare, nessuno avrebbe potuto credere che la pena fosse stata inflitta contro sua volontà ed egli si sarebbe alienato gli animi di tutti i Galli. Così, con abbondanza di parole e piangendo, si rivolgeva a Cesare: questi gli prese la destra, lo consolò, gli chiese di smettere le suppliche, dicendogli che tanto lo aveva caro da indurlo a perdonare, per la sua volontà e le sue preghiere, l’ingiuria fatta alla repubblica e il dispiacere provato. Chiamò Dumnorige, presente il fratello, e gli disse chiaramente ciò che aveva da rimproverargli, esponendogli quello che sapeva e ciò di cui il popolo si lamentava; poi, esortandolo ad allontanare da sé per il futuro ogni sospetto, gli disse che gli perdonava il passato per riguardo al fratello Diviziaco. Dispose, poi, che Dumnorige venisse sorvegliato, per sapere che cosa facesse e con chi parlasse.
(Libro V, VI)
Vi era, insieme agli altri, Dumnorige eduo, di cui abbiamo già parlato, che Cesare aveva stabilito di tenere con sé, primo fra tutti, perché lo sapeva avido di novità e di autorità, coraggioso e molto ascoltato tra i Galli. Tra l’altro, in un concilio di Edui, Dumnorige aveva detto che da Cesare gli era stato offerto di essere re del suo popolo: cosa che gli Edui mal sopportavano, pur non osando mandare incaricati per fare opposizione e per pregare Cesare di rinunciare a quel progetto; questi però aveva saputo tutto dai suoi amici. Dumnorige dapprima cominciò a supplicarlo perché lo lasciasse in Gallia, col pretesto che, non avendo mai navigato, temeva il mare e perché motivi religiosi glielo impedivano. Ma quando vide che il permesso di rimanere gli veniva ostinatamente negato, perduta ogni speranza di ottenere il suo intento con le preghiere, cominciò a istigare i principi, a esortarli uno per uno a rimanere sul continente; li atterriva cercando di convincerli che non senza una precisa ragione i nobili venivano portati via dalla Gallia; quello era un piano premeditato da Cesare, per uccidere in Britannia coloro che non osava togliere di mezzo in Gallia; dava agli altri come garanzia la sua parola, richiedeva che con giuramenti promettessero che, come ormai era d’uso tra loro, ogni decisione venisse presa di comune accordo. Molti riferirono a Cesare queste macchinazioni.
(Libro V, VII)
Al corrente, quindi, di tanti maneggi Cesare, che attribuiva al popolo degli Edui grande importanza, pensò che doveva frenare e distogliere dal suo proposito Dumnorige con ogni mezzo possibile e provvedere, visto che la sua follia era andata tanto oltre, a che non portasse danno a lui e a Roma. Perciò, essendo costretto a rimanere in quel luogo per circa venticinque giorni, a causa del vento Coro che impediva la navigazione (è questo un vento che durante gran parte di ogni stagione soffia in quelle regioni), teneva a bada Dumnorige e contemporaneamente cercava di venire a conoscenza di tutti i suoi piani. Finalmente, quando il tempo gli sembrò propizio, comandò ai soldati e ai cavalieri di imbarcarsi. M mentre tutti avevano l’attenzione rivolta a questi preparativi, Dumnorige, all’insaputa di Cesare, si allontanò dal campo con i cavalieri edui, diretto in patria. Cesare, avutane notizia, interrotte le operazioni e rinviata la partenza, mandò all’inseguimento gran parte della cavalleria, con l’ordine di ricondurlo indietro ed anche di ucciderlo, se non avesse voluto ubbidire o avesse opposto resistenza; credeva infatti che non avrebbe certo agito come una persona assennata, in sua assenza, uno che osava trasgredire i suoi ordini mentre egli era ancora sul posto. Dumnorige, raggiunto ed invitato a ritornare, rifiutò, si richiamò alla fedeltà dei suoi, gridando ripetutamente che egli era un libero cittadino di una libera gente, e si difese con le armi. I Romani, secondo l’ordine ricevuto, lo circondarono e lo uccisero. I cavalieri edui tornarono tutti da Cesare.
Bibliografia
- Cesare, C.,G., (52 a.C.) De Bello Gallico
- Gilliver, K., (2003) Caesar’s Gallic Wars (58-50 BC), Routledge. Taylor & Francis Group, New York and London
- Goldsworthy, A., (2006) Caesar: Life of a Colossus, Yale University Press,