Diviziaco, il cui nome significa “Vendicatore”1Delamarre, Xavier (2003). “Dictionnaire de la langue gauloise: Une approche linguistique du vieux-celtique continental”. Dictionnaire de la Langue Gauloise (2nd ed.). Paris: Editions Errance. pp. 145-146, fu uno tra i più importanti “vergobetri” del popolo gallico appartenente alla tribù degli Edui nonchè un druido tra i più esponenti della società gallica.2Delamarre, Xavier (2003). “Dictionnaire de la langue gauloise: Une approche linguistique du vieux-celtique continental”. Dictionnaire de la Langue Gauloise (2nd ed.). Paris: Editions Errance. pp. 315 & Cesare, C.,G., (52 a.C.) “De Bello Gallico”, (libro I, III)

L’elezione a vergobetro sarebbe avvenuta qualche tempo prima del 52 a.C. quando la stessa carica fu contesa da altri due esponenti della società gallica, Convictolitavis e Cotos.3Brunaux, Jean-Louis (2005). Les Gaulois. Paris: Les Belles Lettres. p. 283

Diviziaco fu tra i sostenitori dell’antica alleanza tra Edui e Roma e fedele alleato di Giulio Cesare durante la sua campagna di Gallia.

Nel 63 a.C. Diviziaco sopravvisse al massacro degli Edui a seguito della sconfitta nella battaglia di Magetobriga ad opera dei Suebi, inviati in gallia dai Sequani.4Brunaux, Jean-Louis (2005). Les Gaulois. Paris: Les Belles Lettres. p.282

Fu proprio a causa di questo massacro che Diviziaco si recò a Roma per chiedere aiuto al senato contro l’occupazione del Re dei Suebi Ariovisto, in quest’occasione conobbe Cicerone che ne descrisse le qualità divinatorie, d’astronomia e filosofia naturale nominandolo per la prima volta “druido”.5Cicerone, M., T., (44 a.C.) De Divinatione (libro I, XII).

La richiesta di aiuto di Diviziaco portò Giulio Cesare a prendere la decisione di partire alla conquista della Gallia contro il Re Ariovisto.6Walter G.,  (1952) Cesar; a biography, Charles Scribner’s Sons, New York. p. 158 & 161 & Goldsworthy A., Van den Berg, C., (2011) Caesar Ambo/Anthos Uilgevers, Amsterdam. p. 271

La figura dei druidi nel “De bello gallico”

(Libro VI, 13)

In Gallia vi sono due categorie di uomini che sono tenuti in gran conto e in grande onore; quelli che appartengono alla plebe sono considerati come schiavi e non prendono da soli nessuna iniziativa né partecipano a nessuna assemblea; molti, poi, quando sono oberati da debiti o da tributi troppo gravosi o sono tormentati dalle offese di potenti, si fanno servi dei nobili, che hanno, allora, su di loro quasi gli stessi diritti dei padroni sugli schiavi. Delle due categorie sopraccennate l’una è quella dei druidi, l’altra quella dei cavalieri. I druidi si interessano del culto, provvedono ai sacrifici pubblici e privati, interpretano le cose attinenti alla religione: presso di loro si raccoglie per istruirsi un gran numero di giovani ed essi sono tenuti in grande onore e considerazione.

Sono chiamati a decidere in quasi tutte le controversie pubbliche e private e se viene commesso qualche delitto, se avviene qualche uccisione, se sorge una lite per un’eredità o per la delimitazione di terreni, sono i druidi a decidere e a stabilire i risarcimenti e le pene. E se qualcuno, sia che si tratti di un cittadino privato o di un intero popolo, non si attiene al loro giudizio, lo bandiscono dalle funzioni del culto, pena che è, presso i Galli, gravissima, giacché quelli che sono a questo modo banditi sono considerati empi e scellerati; tutti si allontanano da loro, evitano di incontrarli e di parlare con essi, per non essere contaminati dal loro contatto; non ottengono giustizia anche se la chiedono, né alcun onore. Tutti i druidi obbediscono ad un unico capo che ha su di loro la più alta autorità. Quando costui muore, gli succede chi eccelle tra gli altri per dignità e se più di uno gode della stessa stima, allora decidono dell’assegnazione del primo posto con una votazione e talvolta anche con le armi. I druidi in un periodo fisso dell’anno siedono in giudizio in un luogo sacro, nella terra dei Carnuti, che si ritiene essere il centro della Gallia. Qui vengono da ogni parte coloro che hanno delle controversie e si sottopongono al loro giudizio e alle loro decisioni. È comune opinione che l’organizzazione dei druidi sia originaria della Britannia e di lì sia passata in Gallia ed ora chi vuole approfondirne lo studio, si reca per lo più in tale isola, alla ricerca di notizie al riguardo.”

(Libro VI, 14)

“I druidi non partecipano alle guerre, né pagano i tributi come gli altri, sono esenti dal servizio militare e da ogni altro gravame. Attirati da così grandi privilegi, molti giovani di loro volontà si recano da loro per esserne discepoli e molti sono mandati dai genitori e dai parenti. 

Da loro, a quanto pare, debbono imparare a memoria un gran numero di versi; per molti il tempo del noviziato dura venti anni. Non ritengono lecito scrivere i loro sacri precetti; invece per gli altri affari, sia pubblici che privati, usano l’alfabeto greco. Mi sembra che due siano le ragioni per cui essi evitano la scrittura: prima di tutto perché non vogliono che le norme che regolano la loro organizzazione siano risapute dal volgo, poi perché i discepoli non le studino con minore diligenza, confidando negli scritti (accade, infatti, quasi a tutti che, fidando sull’aiuto della scrittura, non si tenga in esercizio la memoria). Il principale loro insegnamento è l’immortalità dell’anima e la sua migrazione, dopo la morte, da un corpo all’altro; essi ritengono che questa dottrina, eliminato il timore della morte, sia il più grande incitamento al valore.Vengono anche trattate ed insegnate ai giovani molte questioni sugli astri e i loro movimenti, sulla grandezza del mondo e della terra, sulla natura, sulla essenza e sul potere degli dèi.”

(Libro VI, 16)

“I Galli sono molto dediti alle pratiche religiose, perciò quelli che sono ammalati gravemente o si trovano in guerra o in pericolo, fanno sacrifici umani o fanno voto di immolare se stessi e si servono dei druidi come esecutori di questi sacrifici: essi credono, infatti, che gli dèi immortali non possano essere soddisfatti se non si dà loro, in cambio della vita di un uomo, la vita di un altro uomo; fanno, perciò, anche sacrifici ufficiali di questo genere. Certe popolazioni costruiscono statue enormi, fatte di vimini intrecciati, che riempiono di uomini vivi ed incendiano, facendoli morire tra le fiamme. Credono che cosa più gradita agli dèi sia il sacrificio di coloro che sono sorpresi a rubare, rapinare o commettere qualche altro delitto; ma quando mancano costoro, sacrificano anche degli innocenti.”

(Libro VI, 18)

I Galli dicono di essere tutti discendenti del padre Dite e che ciò sia stato tramandato dai druidi. Perciò non calcolano il tempo contando i giorni, ma le notti: le date natalizie, il principio dei mesi e degli anni sono contati facendo incominciare la giornata con la notte.

Bibliografia e fonti

  • Brunaux, Jean-Louis (2005). Les Gaulois. Paris: Les Belles Lettres.
  • Cesare, C.,G., (52 a.C.) De Bello Gallico
  • Cicerone, M., T., (44 a.C.) De Divinatione
  • Delamarre, Xavier (2003). “Dictionnaire de la langue gauloise: Une approche linguistique du vieux-celtique continental”. Dictionnaire de la Langue Gauloise (2nd ed.). Paris: Editions Errance.
  • Goldsworthy A., Van den Berg, C., (2011) Caesar Ambo/Anthos Uilgevers, Amsterdam.
  • Walter G.,  (1952) Cesar; a biography, Charles Scribner’s Sons, New York.

Di Leonardo Vilona

Mi chiamo Leonardo Vilona, ho 26 anni e sono un docente di scuola secondaria. Sono laureato triennale in Storia, Antropologia e Religioni. Titolo di laurea conseguito all’Università La Sapienza di Roma nel 2019. Sono laureato magistrale in Scienze Storiche. Medioevo, età moderna, età contemporanea. Titolo di laurea conseguito all'Università La Sapienza di Roma nel 2021 con votazioni di 110/110. Sono un appassionato di storia, attualità, letteratura, politica, sport e di esport, nel tempo libero inoltre mi dedico al gioco degli scacchi e al tennistavolo. Se volete mandarmi un messaggio privato inviate una mail a: leonardo.vilona@gmail.com

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