Il podcast di History Facts
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Quando il 7 ottobre 2001 gli USA diedero inizio all’operazione “Enduring Freedom” con l’obiettivo di combattere il terrorismo di Al Qaeda che aveva provocato la distruzione delle Torri Gemelle l’11 settembre dello stesso anno, nessuno avrebbe mai pensato che la più grande potenza occidentale potesse abbandonare l’Afghanistan, venti anni dopo, scappando in tutta fretta dalla propria ambasciata a Kabul mostrando al mondo tutta la sua vulnerabilità.
Guerra al terrorismo e “nation building”

L’operazione Enduring Freedom nacque come operazione antiterroristica che avrebbe dovuto, almeno secondo i piani originari, essere finalizzata alla cattura di Osama Bin Laden e allo smantellamento dei campi di addestramento di Al Qaeda in diversi Paesi tra cui l’Afghanistan, così come le Filippine, la Somalia, la Georgia, il Kirghizistan e il Maghreb.
All’interno del Paese afghano era stato proclamato nel 1995 un emirato islamico guidato dai talebani che rifiutò di consegnare agli americani Bin Laden dopo gli attentati dell’11 settembre finendo per provocare la reazione statunitense che non tardò ad arrivare.
L’operazione Enduring Freedom partì ufficialmente il 7 ottobre 2001 con violenti bombardamenti che colpirono le roccaforti dell’Alleanza del Nord, un’organizzazione talebana, e che portò alla capitolazione di Mazar-i Sharif il 9 novembre 2001 e della capitale Kabul tra il 12 e il 13 novembre dello stesso anno.
I talebani furono dunque costretti alla fuga e si rifugiarono nelle montagne confinanti con il Pakistan costituendosi in resistenza armata e approntando una strategia offensiva di schermaglia e rappresaglia.
L’operazione Enduring Freedom è stata portata avanti insieme a un’altra operazione militare denominata “Sarissa” a guida ISAF e promossa dalla NATO, diventata la principalmente missione all’interno del Paese tra il 2005 e il 2006.
L’operazione ISAF ebbe come scopo dichiarato quello di “costruire un nuovo Stato afghano democratico“, una Repubblica islamica di Afghanistan che avrebbe dovuto, come obbiettivo iniziale, garantire una stabilità politica e sociale duratura.
Ritiro delle truppe della coalizione

Il 28 dicembre 2014 terminò l’Operazione ISAF e venne sostituita il 1° gennaio 2015 dalla missione “Resolute Support” con l’obiettivo di proseguire la costruzione dello Stato democratico Afghano attraverso l’addestramento, l’assistenza e la consulenza in favore delle istituzioni e dell’esercito afghano, oltre alla creazione di imponenti infrastrutture come scuole, pozzi, strade e tutti i servizi essenziali per la popolazione.
La differenza tra l’Operazione a guida ISAF e la Resolute Support risiede nel fatto che quest’ultima non ebbe un ruolo operativo e militari ma essenzialmente assistenziale.
La missione Resolute Support si è conclusa ufficialmente il 15 agosto 2021 con il ritiro dei contingenti NATO dall’Afghanistan.
Il ritiro delle truppe della coalizione è stato deciso dall’accordo di Doha, siglato da Donald J. Trump e dal leader talebano Abdul Ghani Baradar, il 29 febbraio 2020.
L’accordo di Doha, siglato senza la presenza di alcun funzionario del governo afghano, ebbe come obiettivo non solo quello di ritirare i contingenti occidentali ma anche e soprattutto quello di operare una transizione dei poteri senza spargimenti di sangue.
La caduta di Kabul e la fine della Repubblica Islamica d’Afghanistan

La salita di Biden al governo del Stati Uniti D’America ha posto fine all’accordo siglato da Trump e dai talebani che hanno dunque iniziato una vera e propria guerra contro il governo afghano.
Le truppe talebane non hanno fatto fatica a sbaragliare l’esercito regolare afghano, non più sovvenzionato dal governo, senza cibo e nè salario da molti mesi a causa del mancato rinnovo degli aiuti internazionali.
Nonostante una previsione, molto ottimistica, da parte di Joe Biden circa la possibile caduta di Kabul in 90 giorni, i talebani sono riusciti nella notte tra il 14 e il 15 agosto a raggiungere la periferia della capitale.
A quel punto il Presidente del governo Afghano Ashraf Ghani è scappato in Tagikistan e le ambasciate di tutto il mondo sono state costrette alla fuga disordinata con un fiume di persone che si è riversato drammaticamente all’interno dell’aeroporto di Kabul nel tentativo di fuggire dal Paese.
Le scene di alcune persone attaccate alle carlinghe degli aerei in fase di decollo ben rappresentato il momento storico e ne esaltano la drammatica situazione fungendo da spaventoso teatro di disperazione.
Afghanistan, restaurato l’emirato islamico talebano

Con la caduta di Kabul i talebani hanno instaurato un emirato islamico con a capo Abdul Ghani Baradar, già leader tra il 1995 e il 2001 del precedente emirato.
I talebani hanno immediatamente restaurato la Sharia e lanciato un mandato di cattura internazionale, attraverso l’ambasciata afghana in Tagikistan, nei confronti dell’ex Presidente del governo afghano Ashraf Ghani.
Il vicepresidente dell’ex governo afghano, Amrullah Saleh, ha affermato di voler istituire una sacca di resistenza all’interno del Paese allo scopo di fronteggiare i talebani.
Afghanistan, un fallimento inutile e costoso

Per la guerra al terrorismo in Afghanistan sono stati spesi dagli Stati Uniti D’America oltre 2,26 trilioni di dollari, mentre il Regno Unito, la Germania e l’Italia sono arrivati a spendere circa 60 miliardi in venti anni di guerra.
Il conflitto ha provocato la morte di circa 240,000 persone tra militari e civili, tra cui 53 soldati italiani, e centinaia di migliaia di feriti.
La ritirata dall’Afghanistan ha consentito alla Cina e alla Russia di acquisire influenza e potere nella regione avendo avviato da tempo dei negoziati con i talebani per l’avvio di relazioni commerciali.
L’Afghanistan, pur essendo un territorio relativamente povero, è situato in una zona geografica ottimale e un tempo era uno dei più importanti punti di attraversamento della via della seta che collegava l’oriente all’Europa.
Bibliografia e fonti
- Enrico Piovesana, Operazione ‘Sarissa’ – La guerra segreta degli italiani in Afghanistan, in Peace Reporter, gennaio 2008.
- Missione ISAF in Afghanistan, il giorno dell’addio: un Paese in ginocchio e ancora senza governo, RaiNews, 28 dicembre 2014. URL consultato il 6 gennaio 2015.
- https://www.ilgiorno.it/esteri/guerra-afghanistan-vittime-costo-1.6703352