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Le corporazioni di arti e mestieri
Le corporazioni di arti e mestieri nascono in età comunale, raccolgono artigiani che si occupano dello stesso prodotto o della stessa fase del processo produttivo.
Hanno anche finalità di mutuo soccorso (assistere i membri e/o i parenti in difficoltà).
Hanno soprattutto finalità di protezione del mestiere attraverso vincoli che impongono sulla concorrenza.
Sono vincoli esterni (nessuno può esercitare senza appartenere all’arte) e vincoli interni (controllo della dimensione dell’impresa ponendo un tetto al capitale fisso, al capitale circolante, al numero di addetti). Il monopolio delle corporazioni è per legge riconosciuto dalle autorità cittadine.
Il luogo di produzione è la bottega dove si ritrova un maestro, i lavoranti e i garzoni o apprendisti. Il maestro ha il compito di insegnare tutti i contenuti del mestiere; coloro che apprendono potranno successivamente mettersi in proprio e divenire a loro volta maestri. La finalità formativa sta quindi alla base del sistema corporativo.
Il carattere chiuso delle corporazioni e l’assiduo controllo sul rispetto delle tradizionali tecniche produttive comporta una certa resistenza all’introduzione di innovazioni, mentre d’altra parte garantisce uno standard elevato e stabile della qualità del prodotto.
L’arte è un sistema di imprese artigianali dotato di un privilegio monopolista che esercita soprattutto nello spazio economico di competenza vale a dire la città. Il mercato di riferimento è normalmente quello locale; non mancano tuttavia casi di corporazioni impegnate nella produzione di beni destinati al mercato internazionale.
In questo caso la loro organizzazione si rimodella per rispondere alle esigenze derivanti dalla necessità di dilatare la produzione, di innovare i prodotti, di valorizzare le pratiche di cooperazione tra produttori destinate ad abbattere i costi di produzione. In questo caso la corporazione collettivamente diviene imprenditore decentrando fasi del processo produttivo, offrendo lavoro anche alle donne, accogliendo competenze esterne in grado di rinnovare le tecniche.
Le corporazioni nate tra XII e XIII secolo continueranno ad operare fino alla fine del secolo XVIII. Secondo la tesi dominante hanno rappresentato un grave ostacolo al processo di trasformazione in senso capitalistico del mercato. Altri ritengono che le arti abbiano sedimentato una predisposizione culturale all’attività manifatturiera e abbiano sviluppato in determinati contesti una elevata capacità di diversificazione dei prodotti.
Mercante imprenditore, protoindustria rurale (industria a domicilio) e manifattura
Normalmente il sistema delle arti non era in grado di rispondere alla nuova struttura dei mercati internazionali a partire dal Seicento.
Nasce la figura del mercante-imprenditore, una figura nuova che, forte della sua capacità di incontrare una consistente domanda sul mercato internazionale, organizza la produzione avvalendosi della manodopera rurale nelle campagne (il mercato del lavoro in città era controllato dalle corporazioni).
Si tratta di un’attività complessa, fondata sulla divisione del lavoro, e sulla possibilità di coordinare armonicamente le fasi del processo produttivo. La soluzione consentiva di realizzare una produzione su larga scala con un impiego molto limitato di capitale fisso da parte dell’imprenditore (gli strumenti di lavoro erano di proprietà del lavoratore).

La protoindustria rurale produceva trasformazioni strutturali di grande rilievo. In campagna modificava, accelerandoli, i ritmi del sistema demografico, dal momento che il reddito aggiuntivo, proveniente dall’attività manifatturiera, accelerava l’emancipazione economica delle giovani generazioni abbassando l’età al matrimonio con conseguente crescita della popolazione. Parimenti mutava la struttura delle unità produttive agricole, che diminuivano di estensione e crescevano di numero in funzione del fenomeno di integrazione del reddito delle famiglie più sopra richiamato.
Lo spostamento di molte fasi del processo produttivo nelle campagne modificava la struttura produttiva della città (che perdeva il monopolio dell’attività manifatturiera) senza tuttavia ridimensionarne il ruolo. La città, non più esclusiva sede della produzione, restava il luogo di direzione e di governo dove si ricomponeva il processo produttivo, dove avvenivano le lavorazioni di rifinitura, dove soprattutto si sviluppavano servizi alla produzione e all’esportazione.
La protoindustria rurale è generalmente considerata l’anello di congiunzione tra il sistema corporativo e il sistema industriale capitalistico. In realtà le forme di decentramento produttivo diventeranno modalità presenti anche dopo la Rivoluzione industriale.
L’evoluzione dell’industria
Industria artigiana | Industria domestica | Industria capitalistica | |
Ubicazione | città | campagna | Presso fonti energetichee materie prime |
Luogo di lavoro | bottega | domicilio | opificio |
Esecutori | Maestro, lavorante,garzone apprendista | contadino | operaio |
Tempi di lavoro | continuo | Alternato ai lavori agricoli | Continuo ecoordinato |
Responsabilità | Maestro | Mercante-imprenditore | Imprenditorecapitalistico |
Proprietà delle Materie prime | Maestro | Mercante-imprenditore | Imprenditorecapitalistico |
Proprietà degli Strumenti di lavoro | Maestro | contadino | Imprenditorecapitalistico |
Proprietà del Prodotto finito | Maestro | Mercante-imprenditore | Imprenditorecapitalistico |
Settore produttivo dominante | Tessile, edilizia, alimentari, cuoio | Tessile | Tessile, meccanico siderurgico, ecc. |
Bibliografia e Fonti
- Il testo del presente articolo è tratto integralmente da un testo pubblicato a questo indirizzo e non più disponibile in rete.
Leonardo Vilona ha deciso di pubblicarlo su History Facts al fine di non perderne la memoria storica dato l’alto valore del documento.