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Nella seconda metà del 1941 due eventi segnarono una svolta nel conflitto: l’invasione tedesca dell’Unione Sovietica e l’ingresso in guerra degli Stati Uniti.
Hitler, infatti, considerava l’espansione verso est fondamentale per la conquista dello “spazio vitale”. La guerra contro la Russia, patria del comunismo, inoltre, si colorava di forti connotati ideologici.
L’operazione Barbarossa

Il 22 giugno del 1941 tre milioni di uomini, insieme a oltre 5000 carri armati e 3000 aerei, penetrarono in territorio sovietico.
L’operazione Barbarossa, come venne chiamata, si sviluppò su tre fronti: a nord, verso Leningrado, al centro, verso Mosca e al sud, verso l’Ucraina.
Il piano prevedeva una guerra-lampo che avrebbe piegato la Russia entro otto settimane.
Le previsioni del Fuhrer, però, furono smentite dall’accanita resistenza sovietica.
Nel dicembre del 1941 la strategia della guerra-lampo era fallita e il conflitto russo si era trasformato in una guerra di logoramento.
Dall’isolazionismo alla Carta atlantica
Allo scoppio del conflitto, gli Stati Uniti dichiararono la propria neutralità, fedeli alla linea di non intervento nelle questioni europee.
A partire dal 1935, l’isolazionismo statunitense era stato ufficializzato attraverso una serie di leggi (Neutrality acts), che prevedevano, fra le altre cose, il divieto di concedere prestiti o vendere armi ai paesi belligeranti.
Le forze isolazioniste, però, incontrarono l’ostilità crescente dell’opinione pubblica liberale, che spingeva per la revisione della neutralità.
Ciò non significava obbligatoriamente l’ingresso in guerra, ma quantomeno la possibilità di fornire sostegno economico alle potenze democratiche.
Le votazioni presidenziali del 1940 videro l’elezione, per la terza volta consecutiva di Roosevelt, favorevole a far uscire gli Stati Uniti dal proprio isolazionismo.
Nel marzo del 1941 fu approvata la legge degli affitti e dei prestiti, che consentiva alle nazioni antinaziste di acquistare materiale bellico senza l’obbligo di pagamento immediato e di usufruire di prestiti a condizioni favorevoli.
Questa politica trovò il suo coronamento il 14 agosto del 1941, quando Roosevelt e Churchill a bordo di una nave da guerra al largo dell’isola di Terranova firmarono la Carta atlantica.
L’offensiva giapponese nell’Indocina

Il Giappone, già impegnato dal 1937 nella conquista della Cina, allo scoppio del conflitto accentuò la propria politica imperialista.
A spingere in questa direzione erano le correnti militariste del governo, che vedevano nell’espansione nel Pacifico la soluzione al problema petrolifero.
Le truppe nipponiche si proposero l’obiettivo della conquista dell’Indocina, considerata strategicamente decisiva per estendere successivamente il controllo giapponese anche sulle Indie olandesi, ossia sui possedimenti coloniali, ricchi di giacimenti petroliferi, dei Paesi Bassi in Asia, corrispondenti all’area dell’attuale Indonesia.
Le sconfitte subite da Francia e Regno Unito e Olanda durante le prime fasi del conflitto mondiale, tuttavia, convinsero la classe dirigente nipponica a passare ai fatti, l‘invasione dell’Indocina francese, iniziata nel settembre 1940, fu completata nel luglio 1941.
Stati Uniti, Regno Unito e governo olandese reagirono con l’embargo petrolifero.
Il primo ministro giapponese, il principe Fumimaro Konoe, preoccupato dalle ripercussioni economiche dell’embargo e spaventato dalla prospettiva di una guerra contro il colosso americano scelse la via della diplomazia.
Il fallimento delle trattative però diede forza alle posizioni del generale Hideki Tojo, a capo della fazione bellicista, che spinse Konoe alle dimissioni.
Entrata in guerra degli Stati Uniti d’America: Attacco a Pearl Harbor
Il 7 dicembre 1941, senza previa dichiarazione di guerra, l’aviazione nipponica colpì la flotta americana a Pearl Harbor.
Sfruttando l’effetto sorpresa, i giapponesi riuscirono a mettere fuori combattimento otto corazzate, tre incrociatori e 188 aerei, provocando la morte di 3435 americani.
Grazie alla superiorità così acquisita, nei mesi successivi i giapponesi poterono dedicarsi alla conquista dell’Asia orientale: in meno di un anno riuscirono a impadronirsi delle Filippine, della Malesia, della Birmania e dell’Indonesia arrivando a minacciare l’Australia e l’India.
Il 12 dicembre, le potenze dell’Asse dichiararono guerra agli Stati Uniti: il conflitto era divenuto realmente mondiale.
Bibliografia e fonti
- Armocida, P., & Salassa, A. G. (2012). Storia Link – volume 3. Milano-Torino: Pearson-Italia.
- Barbero, A. (2014). Come scoppiano le guerre? La seconda guerra mondiale. Sarzana: Festival della Mente.
- Biagi, E. (1980). La seconda guerra mondiale. Milano: Gruppo editoriale Fabbri.
- Mosse, L. G. (2015). Le origini culturali del terzo Reich. Milano: Il Saggiatore S.R.L.
- Mosse, L. G. (2019). Le guerre mondiali. Dalla tragedia al mito dei caduti. Roma-Bari: LaTerza figli & SPA.
- Foto prese dal web.