Il 10 giugno 1940, Mussolini, dopo una titubanza durata quasi un anno e dopo aver rimandato ulteriormente l’entrata in guerra dell’Italia dal 28 maggio, decise di rompere gli indugi e affacciandosi dal balcone di Piazza Venezia annunciò al popolo italiano l’entrata in guerra al fianco della Germania Nazista.
Dichiarazione di guerra a Gran Bretagna e Francia
Combattenti di terra, di mare, dell’aria.
Camicie nere della rivoluzione e delle legioni.
Uomini e donne d’Italia, dell’Impero e del Regno d’Albania.
Ascoltate!
Un’ora, segnata dal destino, batte nel cielo della nostra patria.
L’ora delle decisioni irrevocabili.
La dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia.
In questa prima parte del discorso Mussolini si rivolge a tutti gli interpreti dell’impero, Uomini e donne d’Italia e del Regno d’Albania, ai combattenti. E’ un momento solenne.
Mussolini annuncia dinanzi a una folla in giubilo dal balcone di Piazza Venezia l’entrata in guerra dell’Italia contro Gran Bretagna e Francia. La dichiarazione di guerra infatti fu consegnata da Galeazzo Ciano, allora ministro degli esteri, proprio agli ambasciatori dei due Paesi europei.
Discesa in campo dell’Italia contro le democrazie plutocratiche

Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell’Occidente, che, in ogni tempo, hanno ostacolato la marcia e spesso insidiato l’esistenza medesima del popolo italiano.
Alcuni lustri della storia più recente si possono riassumere in queste parole: frasi, promesse, minacce, ricatti e, alla fine, quale coronamento dell’edificio, l’ignobile assedio societario di cinquantadue Stati.
La nostra coscienza è assolutamente tranquilla.
Con voi il mondo intero è testimone che l’Italia del Littorio ha fatto quanto era umanamente possibile per evitare la tormenta che sconvolge l’Europa; ma tutto fu vano.
Mussolini appare risoluto nel condannare le ostilità delle democrazie plutocratiche e reazionarie dell’Occidente arrivando a dire che “tutto fu vano”, cioè che tutti gli sforzi dell’Italia per evitare lo scontro armato fossero in qualche modo stati inutili.
L’entrata in guerra dell’Italia è segnata dall’assoluta tranquillità di coscienza da parte del Duce e di tutti gli interpreti che vedono quindi questa soluzione come ultima e necessaria ai fini di una rapida risoluzione del conflitto.
Un monito a Francia e Gran Bretagna

Bastava rivedere i trattati per adeguarli alle mutevoli esigenze della vita delle nazioni e non considerarli intangibili per l’eternità; bastava non iniziare la stolta politica delle garanzie, che si è palesata soprattutto micidiale per coloro che le hanno accettate.
Bastava non respingere la proposta che il Führer fece il 6 ottobre dell’anno scorso, dopo finita la campagna di Polonia.
Oramai tutto ciò appartiene al passato.
Mussolini si rivolge alle plutocrazie occidentali ree di aver iniziato la stolta politica delle garanzie che ha portato poi al rifiuto della proposta di Hitler dopo il termine della campagna di Polonia. Per Mussolini ormai tutto questo però appartiene al passato, una sorta di occasione persa poiché altre azioni avrebbero certamente evitato questa guerra e la conseguente caduta delle democrazie occidentali.
Guerra per risolvere il problema delle frontiere marittime

Se noi oggi siamo decisi ad affrontare i rischi ed i sacrifici di una guerra, gli è che l’onore, gli interessi, l’avvenire ferreamente lo impongono, poiché un grande popolo è veramente tale se considera sacri i suoi impegni e se non evade dalle prove supreme che determinano il corso della storia.
Noi impugniamo le armi per risolvere, dopo il problema risolto delle nostre frontiere continentali, il problema delle nostre frontiere marittime; noi vogliamo spezzare le catene di ordine territoriale e militare che ci soffocano nel nostro mare, poiché un popolo di quarantacinque milioni di anime non è veramente libero se non ha libero l’accesso all’Oceano.
Mussolini arringa la folla affermando che l’intervento italiano è necessario per non evadere agli obblighi imposti dalla storia. E’ necessario perché l’Italia dopo aver risolto in passato i propri problemi con le frontiere continentali ora è chiamata a risolvere il problema delle frontiere marittime e una eventuale vittoria nei confronti della Francia, principale antagonista commerciale e industriale nel settore marittimo, avrebbe garantito all’Italia l’egemonia sul Mediterraneo occidentale.
Guerra: lotta tra due secoli e due idee

Questa lotta gigantesca non è che una fase dello sviluppo logico della nostra rivoluzione.
È la lotta dei popoli poveri e numerosi di braccia contro gli affamatori che detengono ferocemente il monopolio di tutte le ricchezze e di tutto l’oro della terra.
È la lotta dei popoli fecondi e giovani contro i popoli isteriliti e volgenti al tramonto.
È la lotta tra due secoli e due idee.
Ora che i dadi sono gettati e la nostra volontà ha bruciato alle nostre spalle i vascelli, io dichiaro solennemente che l’Italia non intende trascinare nel conflitto altri popoli con essa confinanti per mare o per terra: Svizzera, Jugoslavia, Grecia, Turchia, Egitto prendano atto di queste mie parole e dipende da loro, soltanto da loro, se esse saranno o no rigorosamente confermate.
Mussolini è ormai un fiume in piena. Parla della guerra come sviluppo logico della rivoluzione, come lotta dei popoli poveri contro gli “affamatori” che detengono ricchezze e che impoveriscono i Paesi. Parla di lotta tra due idee contrapposte e afferma che nessun altro popolo, nessuna altra nazione, sarà coinvolta in questa guerra poiché non è intenzione dell’Italia estendere il conflitto.
In verità bisogna sottolineare come l’Italia non fosse comunque in grado di sostenere più fronti bellici oltre quello francese a causa della mancanza di un arsenale bellico adeguato, equipaggiamenti e mezzi.
Tuttavia le parole di Mussolini suonano come degli avvertimenti profetici ad alcune nazioni che vengono nominate direttamente e che di lì a pochi anni sarebbero diventate, tutte o quasi, un vero e proprio campo di battaglia con scontri violentissimi tra le potenze dell’Asse e quelle Alleate.
Guerra come evento di portata secolare
Italiani!
In una memorabile adunata, quella di Berlino, io dissi che, secondo le leggi della morale fascista, quando si ha un amico si marcia con lui sino in fondo. Questo abbiamo fatto con la Germania, col suo popolo, con le sue vittoriose Forze Armate.
In questa vigilia di un evento di una portata secolare, rivolgiamo il nostro pensiero alla Maestà del re imperatore [la moltitudine prorompe in grandi acclamazioni all’indirizzo di Casa Savoia], che, come sempre, ha interpretato l’anima della patria. E salutiamo alla voce il Führer, il capo della grande Germania alleata.
Mussolini in questa ultima parte si rivolge direttamente agli italiani e al Re d’Italia, il quale in verità aveva comunque assunto un atteggiamento non propriamente favorevole nei confronti dell’alleanza con Hitler e non nutriva particolari simpatie per la Germania nazista. Tuttavia il fragore del popolo acclamante Casa Savoia fa supporre comunque che il Re fosse d’accordo nell’entrare in guerra al fianco della Germania.
Mussolini infatti afferma che l’entrata in guerra fosse un obbligo morale poiché è assolutamente necessario aiutare l’amico e marciare insieme a lui fino al trionfo. Mussolini poi si rivolge direttamente a Hitler regalandogli un fragoroso applauso della folla.
Italia in guerra: Vincere e vinceremo

L’Italia, proletaria e fascista, è per la terza volta in piedi, forte, fiera e compatta come non mai.
La parola d’ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti.
Essa già trasvola ed accende i cuori dalle Alpi all’Oceano Indiano: vincere!
E vinceremo, per dare finalmente un lungo periodo di pace con la giustizia all’Italia, all’Europa, al mondo.
Popolo italiano!
Corri alle armi, e dimostra la tua tenacia, il tuo coraggio, il tuo valore!
Mussolini conclude il discorso con frasi grintose rivolte al popolo italiano. Vuole che dalle Alpi all’Oceano Indiano ci sia una mobilitazione nei confronti dell’entrata in guerra con l’obiettivo dichiarato di vincere.
Mussolini non accenna a possibilità di sconfitta, per lui l’unica parola d’ordine è vincere.
Prendendo e facendo prendere al popolo un impegno che solo qualche anno dopo sarà impossibile da assolvere.
Una guerra condivisa da tutte le parti in causa

In linea generale comunque tutti furono d’accordo nell’entrare in guerra. Nonostante una grande titubanza generale che aveva portato l’Italia fuori dal conflitto mondiale per il primo anno di guerra, il 10 giugno 1940 tutti erano concordi che la guerra fosse assolutamente necessaria.
Gli industriali avevano ad esempio visto nella guerra un’opportunità di guadagno e in virtù dello stretto contatto con la Germania avrebbero potuto trarne benefici e vantaggi.
L’idea della guerra lampo nell’opinione pubblica suscitò grande ammirazione e tutti pensavano che potesse portare dei vantaggi nel breve periodo.
I gerarchi fascisti ad esempio che avevano espresso grandi perplessità sul tema della guerra nei mesi precedenti il 10 giugno 1940 sono concordi nell’ammirare l’impresa tedesca e vogliono sedersi al tavolo dei vincitori.
Non è un caso ad esempio che Galeazzo Ciano, duro contestatore della politica nazista alla fine del 1939 sarà colui che consegnerà materialmente le dichiarazioni di guerra a Gran Bretagna e Francia.
Tutti gli interpreti dell’Italia del 1940 furono quindi d’accordo che una guerra di breve durata fosse necessaria, questo segnò in via definitiva quella “morte della patria” che diventerà concreta qualche anno dopo e cioè l’8 settembre 1943 quando Badoglio firmò l’armistizio e mise fine alle ostilità contro le forze alleate segnando nei fatti la fine dell’alleanza italo-tedesca oltre che una sconfitta su tutti i fronti per le forze armate italiane durante la seconda guerra mondiale.