Il Mali, divenuto indipendente nel 1960 dalla Francia, ha visto per lungo tempo un dominio dittatoriale dettato da continui colpi di Stato, il primo fu infatti nel 1968 quando il primo Presidente della nazione Mobido Keita fu deposto e il suo posto fu preso dal sanguinario militare Moussa Traorè.
Il colpo di Stato a Moussa Traorè

Nel 1991 Traorè fu eliminato da un altro colpo di Stato ma questa volta vennero organizzate delle elezioni democratiche per permisero nel 1992 di ristabilire la democrazia nel Paese africano.
Le elezioni videro la vittoria di Alpha Oumar Konarè che fu eletto Presidente del Mali a maggioranza.
Dal 1992 al 2012 la situazione politica per il Mali rimase abbastanza tranquilla, seppur a partire dal 2008, sotto la guida di Amadou Toumani Tourè, il Paese vide riacutizzarsi nuovamente le tensioni sociali con il gruppo etnico dei Tuareg e altre etnie presenti nel Paese.
Guerra civile ed elezioni del 2013

Questo crescendo di tensioni portò il 22 marzo 2012 a un nuovo colpo di Stato che fu guidato dal capitano dell’esercito Amadou Haya Sanogo che prese il controllo dei principali edifici governativi e dei media dando vita al “Comitato Nazionale per il ripristino della democrazia in Mali“, con conseguente sospensione della Costituzione.
Va ricordato che nel 2011 in Libia era scoppiata la guerra civile che mise fine alla dittatura di Gheddafi, grande sostenitore del leader maliano Tourè e questo potrebbe aver giocato un ruolo importante nell’ottica di un nuovo colpo di stato militare l’anno successivo in Mali.
A prendere il posto di Tourè fu il Presidente ad interim Dioncounda Traorè che insieme a Cheick Mobido Diarra come Primo Ministro, tentò di portare il Paese a nuove elezioni nel 2013.
Tuttavia a causa di una violenta guerra civile che vide, tra le altre cose, pesanti infiltrazioni jihadiste e terroristiche, l’11 dicembre 2012, dopo una violenta furia iconoclasta che investì il Paese, il primo ministro Cheick Mobido Diarra venne arrestato dai militari e destituito.
In un disperato appello alla nazione il 10 gennaio 2013 il Presidente Diocounda Traorè chiese aiuto alla comunità internazionale che rispose positivamente dando vita all’Operazione Serval contro i ribelli dell’Azawad, una regione controllata dai terroristi di Al-Qaeda nel nord del Paese.
La missione a guida francese, ma che vide impegnati anche militari italiani, permise al Mali di traghettare il Paese a nuove elezioni presidenziali che si svolsero nell’agosto del 2013 e che videro trionfare il nuovo Presidente Ibrahim Boubacar Keita con circa il 77% delle preferenze.
Il golpe estivo del Comitano nazionale per la salvezza del popolo

Poche ore fa tuttavia le forze armate hanno compiuto un nuovo colpo di Stato e arrestato a Bamako il Presidente Ibrahim Boubacar Keita e il Primo ministro Boubou Cissè che sono stati deposti dalle forze patriottiche del neonato Comitato nazionale per la salvezza del popolo (Cnsp).
Poche ore dopo l’arresto il Presidente Ibrahim Boubacar Keita ha parlato alla nazione annunciando le proprie dimissione e chiedendo che non fosse versato del sangue.
Il colpo di Stato segna l’ennesimo tentativo di condurre il Mali a libere elezioni democratiche ma sembra del tutto evidente che questa sia una crisi estremamente radicata nel tessuto sociale e difficilmente risolvibile con le elezioni.
Le cause e il destino del Paese
Il malessere della popolazione, il Covid-19 che ha flagellato il Paese africano, la fragile situazione economica del Paese ma soprattutto la presenza di gruppi terroristici, specialmente nel nord del Paese, che controllano il traffico di droga, in particolare cocaina, delle sigarette di contrabbando e degli esseri umani rappresentano fattori importanti e che dovrebbero probabilmente essere risolti con decisione dal futuro governo.
La comunità internazionale ha condannato fermamente il golpe attraverso le parole della Comunità Europea e del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che oggi ha in programma un incontro per discutere della situazione.
Anche il Presidente francese Macron ha espresso una dura condanna nei confronti dei golpisti auspicando che possa tornare presto la democrazia all’interno dell’ex colonia.
Appare chiaro che questa situazione di caos all’interno del Paese possa in qualche modo destabilizzare anche i Paesi limitrofi già fortemente debilitati dalla pandemia e che stanno vivendo allo stesso modo delle problematiche interne molto serie come ad esempio in Niger o Burkina Faso.