Abbiamo visto come le banconote si fossero diffuse dapprima in Inghilterra e poi nel resto del mondo diventando il principale mezzo di pagamento che andava a sostituire le monete d’oro e d’argento.
Anche se la ricchezza continuava a derivare dai metalli preziosi nei quali la moneta cartacea, tranne che in momenti di crisi in cui veniva decretato il corso forzoso, rimaneva convertibile.
L’introduzione del gold standard

Verso la fine dell’Ottocento avvenne un altro cambiamento importante.
Alla metà del secolo quasi tutti i paesi utilizzavano un sistema monetario basato sull’argento (silver standard) o su entrambi i metalli preziosi (standard bimetallico).
Solo l’Inghilterra adottava il gold standard, ossia definiva il valore della propria moneta in oro.
Il valore dell’argento iniziò però a calare rapidamente e fra 1873 e il 1900 tutte le grandi potenze mondiali adottarono il gold standard.
In questo modo, con tutte le monete più importanti definite in oro si creò un sistema di cambi fissi in cui ogni valuta manteneva costante il proprio rapporto con le altre.
Questo sistema favoriva i commerci poiché eliminava il rischio di cambio, ossia l’incertezza riguardo al valore del denaro cambiato nel futuro.
Inoltre, diversi paesi europei come Italia, Francia, Svizzera, Austria-Ungheria e Belgio, attraverso l’Unione monetaria latina, fin dal 1865 avevano stabilito l’equivalenza fra le loro divise nazionali: una lira italiana valeva esattamente quanto un franco francese o un franco svizzero e poteva circolare liberamente anche negli altri paesi.
La Prima Guerra mondiale metterà in crisi l’Unione che verrà definitivamente sciolta nel 1927.
La situazione bancaria dell’Italia

L’Italia aveva sì adottato il gold standard e aderito all’Unione monetaria latina, ma non aveva un’unica banca centrale.
Prima dell’unità ogni stato aveva il proprio istituto di emissione.
Nel 1861 venne creata la Banca Nazionale che emetteva la maggior parte delle lire in circolazione ma conviveva con altri cinque istituti.
Nel 1892 si scoprì che una di queste, la Banca Romana, emetteva un numero maggiore di banconote rispetto a quelle consentite per legge.
La vicenda, nota come scandalo della Banca Romana, portò alla liquidazione dell’istituto, mentre la Banca Nazionale si fuse con altri due istituti dando vita alla Banca d’Italia.
Fino al 1926 rimasero comunque attivi il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia.
Il sistema internazionale contribuì alla crescita economica della Belle Epoque, ma finì con essa.
La Grande Guerra porterà con sé un disastro economico e i paesi europei dovettero sospendere la convertibilità della propria moneta.
Il gold exchange standard

Nel 1922 la conferenza di Genova si propose di ricostruire il sistema monetario internazionale.
Il sistema, detto gold exchange standard, prevedeva che alcune valute, dette valute chiave, sarebbero state convertibili in oro, mentre per le altre sarebbero state convertibili in valute chiave.
Inoltre, la convertibilità veniva limitata alle grandi transazioni: non era possibile ottenere l’oro da qualsiasi sportello, ma sono presso la sede centrale della banca di emissione e in lingotti da 400 once (12,5kg).
Ma pochi anni dopo la crisi del 1929 cambiò nuovamente la situazione.
I diversi paesi decisero di ricorrere alle svalutazioni competitive per favorire le proprie esportazioni.
Infatti, se il prezzo di una certa valuta diminuisce i prodotti di quel paese divengono meno costosi sul mercato internazionale.
Le svalutazioni non risolsero la crisi, anzi la aggravarono, e decretarono la fine del sistema di Genova.
La prima a decretare la fine della convertibilità fu la Gran Bretagna nel 1931, seguita dagli altri paesi che erano faticosamente riusciti a ripristinarla dopo Grande Guerra.
Così, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, non esistevano più valute convertibili in oro.
Ma, superato il nuovo conflitto si fece l’ultimo tentativo di ricostruire un sistema di cambi fissi e di moneta garantita dall’oro.