Il valore di una moneta, fin dall’antichità, era dato dalla quantità di metallo prezioso, oro o argento, contenuto in esse.
Esistevano monete più piccole, accettate per convenzione per le spese quotidiane, fatte di rame o altre leghe, ma le transazioni importanti si facevano con le monete d’oro e d’argento.
Oggi invece non c’è alcun rapporto tra il denaro e i metalli preziosi.
Persino la moneta cartacea sembra destinata a essere superata in favore di quella elettronica.
Qui cercheremo di ripercorrere le tappe che hanno portato il denaro a distaccarsi sempre di più dal metallo prezioso e ad assumere un valore puramente convenzionale.
Prima tappa del nostro percorso è l’origine della banconota.
Origini della banconota

Le origini della moneta cartacea si possono ritrovare in Cina, dove venivano utilizzate già a partire dal IX secolo.
Per vedere le prime banconote in Europa occorre aspettare XVII secolo, ma è solo alla fine di quello stesso secolo che queste iniziano ad assumere importanza, per diffondersi poi in tutto il mondo.
Ma che cos’è una banconota?
Ad emettere una banconota, o biglietto di banca, è una banca di emissione, che fornisce a chi le chiede in prestito questi biglietti.
Il possessore della banconota ha il diritto di presentarsi in qualunque momento presso lo sportello dell’istituto di emissione e ricevere in cambio la quantità di moneta metallica indicata.
Diversi “corsi” per le banconote

In questa prima fase le banconote hanno corso fiduciario, ovvero i privati hanno la possibilità di accettarle o non accettarle come mezzo di pagamento, decidendo se confidare o meno nella promessa della banca.
In una fase successiva acquisteranno corso legale quando, per legge, nessuno può rifiutarle come mezzo di pagamento.
In determinati periodi poi viene imposto il corso forzoso, ovvero viene sospesa la convertibilità in moneta metallica.
Il primo vero istituto di emissione fu, a partire dal 1695, la Bank of England che, a dispetto del nome, era una banca privata e, inizialmente, non aveva il monopolio dell’emissione di cartamoneta nel territorio britannico.
La convenienza per la banca è che questa stamperà cartamoneta per un valore superiore rispetto a quello delle proprie riserve monetarie “reali”.
La scommessa è che non tutte le banconote verranno cambiate, ma che circoleranno e verranno accettate per pagare, perché, se tutti i possessori dei biglietti chiedessero di cambiarli non ci sarebbero i mezzi per farlo e l’istituto fallirebbe.
Sembra un gioco di prestigio rischioso con cui viene creato denaro dal nulla. E infatti il primo tentativo di imporre quella cartacea come l’unica moneta esistente si risolse in un disastro.
L’esperienza francese

Nei primi anni del Settecento Filippo d’Orleans, reggente di Francia per conto del minorenne Luigi XV, decise di dar credito alle idee dell’economista John Law, uno scozzese che aveva lasciato il proprio paese dopo aver ucciso un uomo in duello.
Law fondò una banca di emissione, la Banque General, e ottenne il monopolio del commercio con le colonie, quello della riscossione delle imposte e il ministero delle finanze.
L’intento era quello di mettere fuori corso le monete d’oro sostituendole con i biglietti della banca, ma, dopo un iniziale successo, il sistema non resse.
Nel 1720 la Banque General fallì, mandando in rovina numerosi risparmiatori, mentre Law riuscì ad evitare la prigione della Bastiglia fuggendo a Venezia.
Al contrario, nell’Inghilterra della prima rivoluzione industriale i biglietti della Bank of England conobbero un crescente successo.
Dal 1833 questi divennero a corso legale e nel 1844 la legge bancaria permise di guadagnare gradualmente il monopolio dell’emissione.
Da Londra il sistema della moneta cartacea si diffuse in tutto il mondo, aiutando lo sviluppo dei commerci che necessitavano di mezzi di pagamento adeguati al loro volume crescente.