Il 31 marzo 1940 Benito Mussolini scrisse il suo “promemoria segretissimo” indirizzandolo al Re Vittorio Emanuele III, al ministro degli affari esteri Galeazzo Ciano, al Capo di Stato Maggiore Generale Pietro Badoglio, ai tre Capi di Stato Maggiore Rodolfo Graziani, Domenico Cavagnari e Francesco Pricolo, al ministro dell’Africa Italiana Attilio Teruzzi, al Segretario del Partito Nazionale Fascista Ettore Muti, ed infine al Segretario di Stato per la Guerra Ubaldo Soddu.
Mussolini nel suo “promemoria segretissimo” voleva informare i più alti gerarchi fascisti e il Re della situazione a cui l’Italia stava andando incontro nel merito dell’entrata in guerra e sullo scenario internazionale che andava profilandosi.
Promemoria segretissimo n° 328
Qui di seguito il testo commentato del Promemoria Segretissimo del 31 marzo 1940.
PROMEMORIA SEGRETISSIMO 328
Roma, 31 marzo 1940
In una situazione quale l’attuale che potrebbe chiamarsi di estrema fluidità, è difficile – se non impossibile – fare delle previsioni sullo sviluppo degli eventi e sulle fasi avvenire della guerra. Bisogna dare larga parte all’imprevisto (vedi guerra russo-finlandese) e tenere conto di quanto può accadere nella politica di paesi lontani come gli Stati Uniti o il Giappone.Pace negoziata di compromesso.
Allo stato degli atti, tale possibilità è da escludersi. È vero che forti correnti pacifiste si agitano pubblicamente in Inghilterra e sotterraneamente in Francia, ma gli obiettivi di guerra degli Alleati, sono tali – oggi – che un compromesso è impossibile. Esso non potrebbe che partire dall’accettazione del «fatto compiuto» delle conquiste tedesche e russe a nord-est, ma questo non si concilia con la proclamata volontà di ricostituire la Polonia, la Cecoslovacchia e persino l’Austria. Una pace di compromesso può essere più agevolmente accettata dalla Germania, non dalle grandi democrazie, le quali tuttavia non sarebbero aliene dall’accettare il «fatto compiuto» del bottino polacco fatto dalla Russia, se la Russia «mollasse» la Germania.
Il sig. Welles ha – dopo il suo pellegrinaggio – concluso che per una pace negoziata i tempi non sono ancora maturi.
Mussolini parla di uno scenario estremamente imprevedibile tanto da fare riferimento al conflitto scoppiato tra Russia e Finlandia all’improvviso, così come sembra preoccupato per la situazione politica di alcuni Paesi come Stati Uniti e Giappone che, a suo dire, sembravano essere molto lontani e quindi difficilmente decifrabili.
Mussolini afferma che una pace negoziata di compromesso sarebbe stata possibile solo se la Russia “avesse mollato” la Germania anche se per Sumner Welles i tempi per una pace negoziata sarebbero stati ancora ben lontani.
Ricordo che Sumner Welles fu un ambasciatore e funzionario americano famoso per il discorso noto come “Dichiarazione di Welles” in cui condannava la conquista dei Paesi Baltici da parte della Russia.
Operazioni militari

Operazioni militari terrestri.
È prevedibile che i franco-inglesi assumano l’iniziativa delle operazioni, cioè di un attacco al Westwall sul fronte occidentale? Allo stato degli atti, è da escludere. Le forze terrestri inglesi in Francia sono molto esigue; la situazione demografica della Francia non è tale da consentire le perdite gravissime che un attacco al Westwall imporrebbe. Quanto al morale dei soldati francesi è difensivo, non offensivo. I franco-inglesi sono alla ricerca di un fronte terrestre, meno incomodo, di quello occidentale e a tale scopo è stato preparato l’esercito di Weygand. Ma questo famoso fronte non si delinea ancora dal punto di vista geografico. Balcanico? Caucasico? Libico?
I franco-inglesi continueranno quindi:
a) a non assumere iniziativa di operazioni su terra;
b) a operare più controffensivamente che offensivamente sul mare e nell’aria;
c) e soprattutto a rendere più ermetico il blocco attorno alla Germania.Operazioni germaniche.
Da parecchi mesi si parla di una offensiva germanica contro la Maginot o contro Belgio e Olanda per arrivare alla Manica. A rigore di logica anche questa offensiva sembra doversi escludere per i seguenti motivi:
a) perché la Germania ha già raggiunto i suoi obiettivi di guerra e può quindi attendere l’attacco avversario;
b) perché è troppo rischioso giocare il tutto su una carta, poiché se l’offensiva fallisse del tutto o si concludesse con un insuccesso e ci fossero perdite rilevanti, una crisi interna nella Germania sarebbe inevitabile, dato che anche il morale del popolo tedesco è complessivamente mediocre e in taluni grandi centri come Berlino e Monaco meno che mediocre. È quindi probabile che fra la guerra di attacco e quella di resistenza, la Germania sceglierebbe l’ultima e cioè:
1) metterà tutto in opera per resistere al blocco;
2) assumerà l’iniziativa di operazioni marittime e aeree sempre più vaste di controblocco. L’offensiva terrestre avrà luogo o nell’eventualità di una certezza matematica di schiacciante vittoria o come carta della disperazione se il blocco a un certo momento non consentisse altra via di uscita.
Nella prima parte del discorso sulle operazioni militari francesi Mussolini avvisa gli interlocutori della posizione difensiva assunta dalle truppe anglo-francesi che avrebbero preferito, a detta di Mussolini, un fronte diverso rispetto a quello occidentale che, con il senno di poi, si aprirà in Africa.
Tuttavia Mussolini analizza in modo assolutamente inesatto le operazioni militari germaniche affermando che non vi sarà alcun attacco alla Maginot e che Belgio e Olanda manterranno pertanto implicitamente la neutralità.
Questa analisi ci dovrebbe far capire come Mussolini non abbia minimamente idea delle azioni di Hitler sullo scacchiere internazionale al 31 marzo 1940, una curiosa mancanza di informazioni dato che il “patto d’acciaio” avrebbe dovuto portare alla condivisione dei piani militari per una futura entrata in guerra dell’Italia.
La posizione dell’Italia prima del giugno 1940

Posizione dell’Italia.
Se si avvererà la più improbabile delle eventualità – cioè – una pace negoziata nei prossimi mesi – l’Italia potrà – malgrado la sua non belligeranza – avere voce in capitolo e non essere esclusa dalle negoziazioni; ma se la guerra continua, credere che l’Italia possa rimanersene estranea sino alla fine, è assurdo e impossibile. L’Italia non è accantonata in un angolo d’Europa come la Spagna, non è semi-asiatica come la Russia, non è lontana dai teatri di operazione come il Giappone o gli Stati Uniti, l’Italia è in mezzo ai belligeranti, tanto in terra, quanto in mare. Anche se l’Italia cambiasse atteggiamento e passasse armi e bagagli ai franco-inglesi, essa non eviterebbe la guerra immediata colla Germania, guerra che l’Italia dovrebbe sostenere da sola; è solo l’alleanza colla Germania, cioè con uno Stato che non ha ancora bisogno del nostro concorso militare e si contenta dei nostri aiuti economici e della nostra solidarietà morale, che ci permette il nostro attuale stato di non belligeranza. Esclusa l’ipotesi del voltafaccia che del resto gli stessi franco-inglesi non contemplano e in questo dimostrano di apprezzarci, rimane l’altra ipotesi cioè la guerra parallela a quella della Germania per raggiungere i nostri obiettivi che si compendiano in questa affermazione: libertà sui mari, finestra sull’oceano. L’Italia non sarà veramente una nazione indipendente sino a quando avrà a sbarre della sua prigione mediterranea la Corsica, Biserta, Malta e a muro della stessa prigione Gibilterra e Suez. Risolto il problema delle frontiere terrestri, l’Italia, se vuole essere una potenza veramente mondiale, deve risolvere il problema delle sue frontiere marittime: la stessa sicurezza dell’Impero è legata alla soluzione di questo problema.
L’Italia non può rimanere neutrale per tutta la durata della guerra, senza dimissionare dal suo ruolo, senza squalificarsi, senza ridursi al livello di una Svizzera moltiplicata per dieci.
Il problema non è quindi di sapere se l’Italia entrerà o non entrerà in guerra perché l’Italia non potrà a meno di entrare in guerra, si tratta soltanto di sapere quando e come; si tratta di ritardare il più a lungo possibile, compatibilmente con l’onore e la dignità, la nostra entrata in guerra:
a) per prepararci in modo tale che il nostro intervento determini la decisione;
b) perché l’Italia non può fare una guerra lunga, non può cioè spendere centinaia di miliardi come sono costretti a fare i paesi attualmente belligeranti.
Ma circa il quando, cioè la data, nel convegno del Brennero si è nettamente stabilito che ciò riguarda l’Italia e soltanto l’Italia.
Mussolini sembra convinto che la guerra fosse in procinto di terminare e che l’Italia nonostante la sua neutralità sarebbe stata invitata certamente al tavolo dei vincitori.
Tuttavia qualora la guerra fosse durata più del previsto l’Italia, secondo Mussolini, sarebbe dovuta entrare in guerra.
Nel marzo 1940 ancora era in discussione la posizione del Regno d’Italia in merito al Patto D’acciaio, un documento che legava indissolubilmente l’Italia alla Germania nazista ma che, secondo Mussolini e diversi altri gerarchi fascisti, era stato violato quando, in gran segreto, Hitler strinse un accordo di non aggressione con la Russia.
Per questo Mussolini scrive che una eventuale guerra con la Germania Nazista sarebbe stata controproducente e quindi un’eventuale alleanza, paventata a più riprese nel partito, con le forze opposte all’asse avrebbe comportato una disfatta annunciata per l’Italia.
Alla luce di queste osservazioni Mussolini dice che l’Italia prima o poi sarebbe dovuta entrare in guerra a fianco delle forze dell’Asse indiscutibilmente in quanto nazione al centro dei “Paesi belligeranti“.
Per Mussolini sarebbe stato necessario ritardare il più possibile l’entrata in guerra per organizzare meglio le truppe e soprattutto per evitare un “crack” economico visto che le finanze italiane non erano pronte a sostenere una lunga guerra come si evince dai carteggi di Raffaello Riccardi allora ministro degli scambi e valute.
Piano di guerra dalle Alpi all’Oceano Indiano
Piano di guerra.
Premesso che la guerra è inevitabile e che non possiamo marciare coi franco-inglesi, cioè non possiamo marciare contro la Germania, si tratta di fissare sin da questo momento le linee della nostra strategia, in modo da orientarvi gli studi di dettaglio.
Fronte terrestre. Difensivo sulle Alpi occidentali. Nessuna iniziativa., Sorveglianza. Iniziativa solo nel caso, a mio avviso, improbabile, di un completo collasso francese sotto l’attacco tedesco. Una occupazione della Corsica può essere contemplata, ma forse il gioco non vale la candela: bisogna però neutralizzare le basi aeree di questa isola.
Ad Oriente, verso la Jugoslavia, in un primo tempo, osservazione diffidente. Offensiva nel caso di un collasso interno di quello Stato, dovuto alla secessione, già in atto, dei croati.
Fronte albanese: l’atteggiamento verso nord (Jugoslavia) sud (Grecia) è in relazione con quanto accadrà sul fronte orientale.
Libia: difensiva tanto verso la Tunisia, quanto verso l’Egitto. L’idea di una offensiva contro l’Egitto, è da scartare, dopo la costituzione dell’Esercito di Weygand.
Egeo: difensiva.
Etiopia: offensiva per garantire l’Eritrea e operazioni su Gedaref e Kassala; offensiva su Gibuti, difensiva e al caso controffensiva sul fronte del Kenia.
Aria. Adeguare la sua attività a quelle dell’Esercito e della Marina: attività offensiva o difensiva a seconda dei fronti e a seconda delle iniziative nemiche.
Mare. Offensiva su tutta la linea nel Mediterraneo e fuori.,
È su queste direttive che gli Stati Maggiori devono basare i loro studi e il loro lavoro di preparazione senza perdere un’ora di tempo, poiché, malgrado la nostra attuale non-belligeranza, la volontà dei franco-inglesi o una complicazione impreveduta potrebbe metterci, anche in un avvenire immediato, di fronte alla necessità di impugnare le armi.
Nell’ultima parte del suo “promemoria segretissimo” Mussolini affronta il tema del “Piano di guerra.”
Per Mussolini è necessario affrontare sulle Alpi una strategia difensiva ma in generale l’Italia avrebbe dovuto condurre una guerra di contenimento, secondo i piani del Duce, su quasi tutti i fronti ad eccezione dell’Etiopia e del Mare.
Questo a dimostrazione del fatto che la Regia Marina fosse certamente la forza armata più preparata ad affrontare una guerra offensiva rispetto all’Esercito e alla Regia Aeronautica, quest’ultima costituita da una flotta di velivoli obsoleti e scarsamente equipaggiati.
L’entrata in guerra dell’Italia

In conclusione, l’Italia dovette poi affrettare l’entrata in guerra che avvenne precipitosamente il 10 giugno 1940 quando Benito Mussolini in un solenne discorso a Piazza Venezia di fronte a una folla di fascisti in giubilo annunciò di avere consegnato agli ambasciatori di Gran Bretagna e Francia la dichiarazione di guerra tramite il genero Galeazzo Ciano, allora ministro degli affari esteri.