Nello Stato zarista la situazione sociale era resa instabile anche dalla presenza di uno stato autocratico e semifeudale.
Il sistema burocratico che avrebbe dovuto amministrare un tale impero, però, era composto da appena mezzo milione di persone.

Al di sopra di tutti vi era lo zar e fra le grandi potenze europee, la Russia era l’unica a reggersi ancora su un sistema autocratico, che considerava il potere dello zar legittimato direttamente da Dio e quindi assoluto.
In Russia non vi era un parlamento e ogni manifestazione di dissenso politico era repressa dall’efficiente polizia zarista.
Lenin contro lo Zar

I populisti erano intellettuali rivoluzionari che abbandonavano la loro condizione agiata per conoscere la realtà del popolo e diffondere idee rivoluzionarie. Essi ritenevano che la Russia, senza passare attraverso la fase dell’industrializzazione, da loro avversata come corruzione occidentale, potesse giungere a una forma di socialismo contadino basato sui mir, ossia sulla tradizionale comunità di villaggio.
Questa “andata verso il popolo”, iniziata dal 1870, non diede i frutti sperati e portò a una dura repressione zarista.
Per spezzare questa fedeltà e scatenare la ribellione, fu adottata la strategia degli atti terroristici contro i principali responsabili del dispotismo.
In seguito a un attentato contro lo zar, fu catturato e condannato a morte Aleksandr Uljanov, fratello di Lenin.
Da quel momento, Lenin, cominciò a riflettere sui limiti del populismo: non era stato in grado di scalfire la tradizionale passività e rassegnazione dei contadini e aveva prodotto, come risultato, un rafforzamento della repressione zarista.
Socialrivoluzionari e socialdemocratrici una profonda divisione

Il Partito socialista rivoluzionario, nato nel 1901 dall’unione di gruppi anarchici e populisti, rappresentava i piccoli proprietari, i contadini piccoli e medi e la piccola borghesia.
Il suo progetto politico era una sintesi di marxismo e populismo: l’obiettivo principale era la realizzazione di un socialismo agrario che tenesse conto delle tradizioni russe e assecondasse l’attaccamento dei contadini verso l’agricoltura comunitaria. Ciò sarebbe stato possibile con la redistribuzione delle terre e la valorizzazione delle comunità di villaggio.
Nel 1898 si svolse clandestinamente a Minsk il congresso di fondazione del Partito operaio socialdemocratico russo, partito che si caratterizzò per un’aspra critica, su base marxista, alle posizioni dei populisti e del partito socialrivoluzionario.
Secondo Lenin la vocazione spontanea dei contadini non sarebbe stata il socialismo, ma un ideale piccolo-borghese, quello di trasformarsi, grazie alla distribuzione della terra, in piccoli proprietari.
Bolscevichi e menscevichi

Al secondo congresso del Partito socialdemocratico emerse un contrasto che portò alla divisione in due correnti: i bolscevichi che appoggiarono le idee di Lenin, e i menscevichi, che aderirono alle posizioni di Julij Martov e Georgij Plechanov.
Sulla base di questo fu necessario rivedere anche il concetto di marxismo alla luce delle peculiarità dello Stato zarista russo.
Da ciò conseguiva la necessità di un partito insurrezionale: data la debolezza della borghesia, il proletariato avrebbe potuto provocare, se si fosse alleato con i contadini senza terra, non soltanto la caduta dello zarismo ma anche quella del capitalismo.