Nei primi annni del 1900 andò profilandosi un nuovo compromesso, soprattutto in considerazione delle imminenti elezioni del 1913, le prime secondo il nuovo sistema a suffragio universale maschile.
Il ruolo dei cattolici
Il rischio di un’affermazione dei socialisti, organizzati in un partito di massa e capillari strutture sindacali era molto forte.
Di qui la ricerca, da parte di Giolitti, di un punto d’incontro con il mondo cattolico, che si concretizzò in un accordo con Vincenzo Gentiloni, il presidente dell’Unione elettorale cattolica.
Il patto Gentiloni
Il Patto Gentiloni, pur non arrestando la prevista crescita delle formazioni socialiste che raddoppiarono i deputati e conquistarono 77 seggi, riuscì a garantire alle forze liberali e moderate una solida maggioranza.
Questi risultati rendevano chiaro che, dopo l’introduzione del suffraggio universale, Giolitti, per restare al potere, aveva ormai bisogno dell’alleanza elettorale con i cattolici conservatori.
Era altrettanto chiaro, infine, che questo complesso equilibrio avrebbe retto solo fino a quando non fosse apparso sulla scena politica un partito cattolico in grado di agire autonomamente. Cosa che accadde nel 1919, la nascita del Partito popolare italiano, infatti, costituì uno degli elementi di crisi del Partito liberale e del sistema di potere giolittiano.
Giolitti si dimette
Fra il 1913 e il 1914, subito dopo le prime elezioni a suffragio universale maschile, l’egemonia di Giolitti fu, da più parti, messa radicalmente in discussione.
Di conseguenza, rassegnò le proprie dimissioni e indicò al re, come suo successo, Antonio Salandra, esponente di punta della destra liberale.
Nel giugno 1914, a un mese dallo scoppio del conflitto mondiale, la morte di tre dimostranti durante una manifestazione pacifista contro l’ipotesi della guerra, ad Ancona, provocò un’ondata di scioperi in tutto il paese.
La CGL, tuttavia, non appoggiò l’iniziativa, ritenendola priva di sbocchi concreti. La protesta rimasta isolata si esaurì in pochi giorni (“la settimana rossa”). L’unico risultato fu quello di far riemergere la paura di un pericolo rivoluzionario nelle forze conservatrici che tornarono a invocare nuovamente un intervento repressivo dello Stato.
Il dibattito successivo alla “settimana rossa” fu bruscamente interrotto dallo scoppio della guerra, che impose nuove divisioni tra le forze politiche.