La svolta decisiva verso una fase diversa della politica italiana fu l’uscita di scena di Crispi, determinata dal fallimento della sua politica coloniale.
Come successore alla presidenza del consiglio fu nominato il marchese Antonio Di Rudini che formò un governo appoggiato dallo stesso blocco conservatore che aveva sostenuto Crispi: la monarchia e la corte, l’esercito, che aveva caldeggiato l’impresa africana, le forze economiche che chiedevano uno stato “forte”.

Le Cinque Giornate di Milano | Storia di Milano

La tensione sociale esplose nella primavera del 1898, in occasione di un rialzo del prezzo del pane dovuto a una cattiva annata agraria che scatenò nel paese una serie di manifestazioni popolari.

La risposta del governo Di Rudini fu durissima: prima si fece intervenire la polizia, poi si decretò lo stato d’assedio a Milano,  a Napoli e Toscana. Nel capoluogo lombardo la repressione fu particolarmente violenta: il generale Bava Beccaris, infatti, per abbattere le barricate fece sparare cannonate sulla folla inerme, provocando 80 morti e 450 feriti.
Di Rudini fu quindi costretto alle dimissioni nel giugno del 1898 e a sostituirlo fu chiamato il generale Luigi Pelloux che proseguì nel tentativo di attuare una svolta autoritaria e presentò alla camera nel 1899 un pacchetto di leggi che limitavano i diritti di sciopero e di associazione. L’opposizione dei socialisti provocò uno scontro parlamentare, che si concluse con le dimissioni di Pelloux e l’indizione di nuove elezioni.

LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE TRA FINE 800 E INIZIO 900 | Sutori

Il processo di industrializzazione, iniziato negli ultimi anni dell’Ottocento, aveva posto la classe dirigente liberale di fronte ai problemi tipici di una moderna società industriale: l’urbanizzazione, la crescita del proletariato e, di conseguenza, l‘intensificarsi dei conflitti sociali.

Anche all’interno del partito liberale, nel quale la maggioranza era legata a un atteggiamento conservatore e autoritario, rappresentato dalla figura di Sidney Sonnino cominciarono a manifestarsi tendenze più aperte e riformatrici.
La riprova si ebbe nelle elezioni del giugno 1900.

Le elezioni portarono a un profondo cambiamento nei rapporti di forza tra le diverse componenti del partito: i candidati più aperti e riformatori si erano infatti imposti su quelli più conservatori.

Il 17 novembre 1878 a Napoli l'attentato al Re Umberto I

Il re, preso atto del mutato clima politico, diede l’incarico di formare un nuovo governo a un moderato, il senatore Giuseppe Sacco. Il 29 luglio 1900, tuttavia, il clima disteso fu improvvisamente turbato da Gaetano Bresci, un anarchico che uccise in un attentato Umberto I.

Dopo il governo Saracco, il re Vittorio Emanuele, nominò primo ministro Giuseppe Zanardelli, leader della sinistra liberale, che a sua volta affidò il ministero degli interni a Giovanni Giolitti.

Una passeggiata nell'età giolittiana: tra il desiderio di ...

Essi ricercarono il dialogo con le rappresentanze sindacali e politiche del movimento operaio. La parte più retriva della classe dirigente si spaventò, ma il settore più avanzato della borghesia industriale e il Partito socialista risposero positivamente. Quest’ultimo nel congresso di Reggio Emilia del 1893 aveva approvato un “programma minimo” che accanto a rivendicazioni tipicamente di sinistra avanzava richieste che qualunque democratico avrebbe appoggiato, come il suffraggio universale e la difesa delle libertà costituzionali.

Il governo Zanardelli-Giolitti diede l’avvio a una politica di riforme: fu migliorata la legislazione sulle assicurazioni per la vecchiaia e gli infortuni sul lavoro e fu approvata una legge per il passaggio della gestione di alcuni servizi pubblici da società private ai comuni.

 

Translate »