In Italia la figura del “professionista esportivo” semplicemente esiste ma manca una certificazione che ne attesti l’impiego vero e proprio.
Stiamo parlando, appunto, di un paese fortemente arretrato sotto questo punto di vista, il professionista esportivo infatti ha tutele relative anche di fronte alla legge non essendoci appunto nulla che possa quantomeno attestare il lavoro che egli svolge quotidianamente.
Questo perchè gli esports si trovano in una sorta di limbo, sospesi tra il mondo sportivo e quello del gioco d’azzardo, in Italia il primo gode di tutta una serie di vantaggi, anche fiscali, mentre il secondo ha delle rigide regole che se violate possono comportare delle multe salatissime.
Non essendoci una federazione nazionale iscritta al registro delle discipline sportive associate, chi pratica esports in Italia deve necessariamente affiliarsi ad un ente di promozione sportiva che al suo interno ha un settore dedicato e sviluppa progetti sul territorio per la diffusione della cultura videoludica professionistica.
Alcuni esempi possono essere quelli di GEC – Giochi Elettronici Competitivi, nata nel 2014 e che opera su tutto il territorio grazie ad ASI Nazionale con oltre 95 associazioni affiliate e 65000 tesserati, oppure Italian e-Sports Association, nata nel 2015, che con il suo settore Sport Elettronici di MSP Italia opera a raggio più ridotto consentendo però la partecipazione a convention ed eventi internazionali come l’eSports World Championship.
In realtà il numero di esempi sarebbe sicuramente superiore, per semplicità però mi sento di riportare solo i due enti più grandi in termini numerici anche se non paragonabili sotto questo profilo in quanto il primo può vantare numeri superiori per circa il 95%, immaginate però quanto possano essere piccoli gli altri settori presenti in Italia(!).

La formazione, punto centrale dello sviluppo degli esports in Italia

Uno dei temi più caldi per tutti i settori degli enti di promozione sportiva è da sempre quello della formazione.
Una società sportiva che si rispetti ha bisogno di far riconoscere i propri giocatori, il proprio staff e la propria dirigenza attraverso una formazione continua ed efficace che possa in qualche modo permettere di avere degli standard di settore, da guardare ovviamente con ottica futura.
Tuttavia il tema della formazione è diventato ancor più caldo nel 2017 quando diverse aziende ed enti hanno iniziato ad organizzare dei corsi sul territorio nazionale.
Pioniera in questo caso è stata Italian e-Sports Association che nel marzo del 2017 ha annunciato l’apertura dei corsi di formazione per League of Legends.
Sempre nel 2017 anche Games Kingdom (in collaborazione con la fondazione IKAROS) si lanciò nel mondo della formazione esportiva (e dell’alternanza scuola/lavoro, ndr.) annunciando, si legge su TGM esports, “il lancio del suo nuovo progetto: Esport Experience“ che avrebbe dovuto garantire una certificazione riconosciuta da ASI Nazionale oltre al rilascio di “un tesserino tecnico, il diploma nazionale e l’iscrizione ad un albo apposito che avrebbero potuto rappresentare il primo passo verso la legittimazione dell’esport come lavoro,” scrive ancora Gian Filippo Saba su TGM esports.
Oggi questo progetto sembra che non essere operativo e secondo il sito ufficiale tra dieci giorni verrà lanciata la prima “piattaforma didattica sugli esports” che potrebbe rappresentare un’innovazione non da poco nel panorama.
In realtà già nel 2016 gli iDomina eSports organizzarono dei corsi di formazione che avrebbero dovuto portare alla creazione di una Accademia fisica sul territorio oltre alla realizzazione dei Campionati Italiani Games Time che però non videro mai la luce, seppur il progetto ebbe grande slancio sul territorio nazionale coinvolgendo diversi punti vendita in svariate parti d’Italia.
Nel 2018 è quindi stata la volta di GEC – Giochi Elettronici Competitivi che recentemente ha annunciato l’apertura dei corsi di formazione riconosciuti da ASI Nazionale (praticamente lo stesso riconoscimento promesso da Games Kingdom nel 2017, ndr) che attraverso quattro moduli da oltre 40 ore e un esame da sostenere a Roma nella sede di ASI permetterà di ottenere la qualifica di allenatore con conseguente iscrizione nell’albo dell’ente di promozione sportiva.
Tutto questo è avvenuto, come avrete potuto intuire, nell’arco di appena due anni e la figura del professionista esportivo ha dunque ottenuto diversi diritti rispetto a qualche anno fa.
Una cosa sicuramente molto positiva per la crescita dell’esports nel nostro paese ma c’è bisogno di non fare confusione.
Andare a creare mille corsi di formazione potrebbe costituire un problema di non poco conto in futuro quando, magari, verrà creata una federazione sportiva dedicata agli sport elettronici e inevitabilmente si andrà a verificare il problema di questi documenti che non saranno più validi a meno di accordi tra la federazione e gli stessi enti di promozione sportiva ai fini di un riconoscimento.

Quali tipi di formazione?

Al momento la tipologia di formazione che viene portata avanti dagli enti di promozione sportiva o dalle aziende è relativa alla figura professionale dei tecnici, degli allenatori e dei giocatori.
Tuttavia la formazione di un tecnico o di un allenatore è abbastanza complicata, innanzitutto chi forma il formatore? In Italia esistono delle figure che sono adeguatamente preparate e ferrate nelle materie proposte per poter elevarsi al ruolo di insegnanti?
Personalmente credo che essendo agli inizi è certamente complicato individuare le persone adatte a formare altri individui su un tema neanche troppo definito come quello degli esports che spesso e volentieri vengono confusi con i videogiochi che inevitabilmente però rappresentano una componente importante e da non sottovalutare.
GEC, ad esempio, ha deciso di affidare il difficile compito di “formatore” a Gioele Rossellini e Andrea Fadini, due persone sicuramente molto competenti che hanno speso e dedicato molto tempo agli sport elettronici.
Rossellini e Fadini inoltre hanno anche un profilo sportivo di notevole rilievo che oggettivamente potrebbe anche essere considerato come un “plus” ma che in realtà permette di valorizzare ancor di più le loro figure professionali.
Dall’altro lato ITeSPA, decise di puntare su Draker88, famoso streamer e giocatore di League of Legends, una scelta sicuramente diversa che però è anche dovuta al fatto che il corso di formazione proposto da MSP Italia era (uso il passato in quanto non si hanno notizie circa l’inizio dei corsi, ndr) dedicato alla figura professionale dei giocatori in una lega tra le altre cose molto bassa come quella bronzo o argento, seppur nei programmi di ITeSPA ci fosse la volontà di ampliare il progetto ad altre leghe e realtà.
Quindi, riassumendo, in Italia la formazione non è intesa unicamente piuttosto c’è chi si occupa della formazione dei giocatori e chi degli allenatori, così come dei dirigenti e dei tecnici, dunque cosa conviene scegliere?
La risposta è sicuramente complicata anche in virtù della premessa fatta in precedenza riguardo al futuro sviluppo “federale”, dal mio punto di vista ritengo che gli attestati siano sempre importanti e che al momento avere delle competenze specifiche potrebbe rivelarsi molto redditizio in futuro sperando in un allargamento del movimento.

Formazione, via unica verso lo sviluppo di settore

La mia idea riguardo alla formazione è che ci dovrebbe essere un livellamento e si debba promuovere la creazione di un unico percorso, uguale per tutti, che possa permettere di arrivare ad un riconoscimento generale di tutte le figure presenti sul territorio (compresi caster e host, ndr.)
Mi rendo conto che in una situazione spezzettata come quella italiana è praticamente impossibile attuare questo percorso nell’immediato ma sono certo che in futuro, quando il settore esports in Italia riuscirà ad avere una stabilità e un riconoscimento da parte del CONI come Disciplina Sportiva Associata, questa sarà la strada che tutti vorranno intraprendere e secondo la mia visione sarà solo questione di tempo.
Personalmente credo che effettuare un investimento nella propria formazione possa considerarsi come un seme che viene gettato nel terreno umido e che un domani, se tutto andrà bene e non ci saranno inondazioni, avrà modo di germogliare permettendo a chi aveva investito di continuare a lavorare in un settore che speriamo possa garantire a tutti certezze e nuove prospettive in un futuro non troppo lontano.

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